Chirurgia della presbiopia

Si può correggere chirurgicamente la presbiopia? Essendo un difetto dinamico e non statico (è il venir meno di una funzione a causa dell’invecchiamento) i problemi che si pongono sono molteplici.

Innanzi tutto la soluzione ideale sarebbe ristabilire la funzione fisiologica: far cioè che i muscoli deputati all’accomodazione riescano a modificare la forma del cristallino in modo da cambiarne dinamicamente la messa a fuoco. Su questa via sono stati e continuano ad essere proposti vari interventi. Si può ad esempio cercare di dare maggior tensione ai muscoli ed alle fibre che stirano il cristallino naturale espandendo la sclera (cioè il guscio dell’occhio) al di sopra del muscolo ciliare. Le proposte in questo campo sono diverse, dalle semplici incisioni all’utilizzo di un laser per asportare tessuto e far cedere le fibre sclerali, all’inserto di materiale dentro la sclera per metterla maggiormente in tensione. La filosofia che sta alle spalle di questi interventi è corretta ma i risultati sono incostanti (difficile far lavorare un cristallino invecchiato ed indurito, come se avesse 20 anni di meno) e con un certo margine di rischio anche importante perché la zona dove si deve lavorare è assai delicata per la salute complessiva dell’occhio e si può metterne a rischio la stessa sopravvivenza.

Sulla stessa strada si sta cercando di sostituire il cristallino naturale con uno artificiale che abbia la possibilità di cambiare potere ottico e quindi rispondere alle fisiologiche tensioni dei muscoli deputati alla accomodazione. Alcuni di questi cristallini artificiali sono fatti in maniera tale da spostarsi avanti ed indietro, altri sono costituiti da due lenti che si allontanano e si avvicinano. Anche qui le proposte delle ditte costruttrici sono diverse, ma nessuna soluzione ha dato finora risultati con una percentuale di successi soddisfacente: a volte funzionano ma è difficile prevederlo con sicurezza, per quanto bene sia stato realizzato l’intervento chirurgico.

Un’altra possibile soluzione è lavorare sulla multifocalità, cioè affrontare un difetto dinamico con soluzioni statiche. Lo scopo è portare sulla retina contemporaneamente un’immagine da lontano e una da vicino, lasciando al cervello la selezione di quella che effettivamente serve. Su questa strada sono molte le proposte sia per quel che riguarda la chirurgia della cornea che quella del cristallino. Con il laser ad eccimeri possiamo ad esempio creare sulla cornea una forma più curva al centro e più piatta alla periferia, in modo che la parte centrale della cornea metta a fuoco gli oggetti vicini e la parte più periferica quelli lontani, aumentandone nel contempo la profondità di campo. Oggi diversi laser hanno la possibilità di fare questo con programmi ad hoc. I risultati sono discreti anche se non validi per tutti i pazienti che in una certa percentuale di casi lamentano false immagini e confusione. La cosa tutto sommato positiva è che l’intervento sacrifica solo pochissimi micron di cornea e non è difficile con un ritrattamento riportare la cornea ad una forma normale se si riscontrassero problemi. Sempre sulla cornea alcuni propongono, invece dell’ablazione con il laser ad eccimeri, l’inserimento di lenticoli all’interno di una tasca scavata nello stroma con il laser a femtosecondi, ottenendo un incurvamento e un aumento dell’aberrazione sferica, anche se il sistema risulta farraginoso e invasivo.

La stessa ricerca di una multifocalità si ha con i cristallini artificiali per cataratta. Oggi in commercio ne troviamo diversi con ognuno caratteristiche peculiari. Lo scopo è quello di portare sulla retina immagini di oggetti posti a varie distanze con dominanze diverse a seconda della strategia di costruzione scelta. Qui la ricerca ha registrato progressi importanti e oggi è disponibile un range di scelta notevole. Non esiste però ancora la soluzione ideale in tutte le circostanze per cui diventa molto importante la selezione accurata del paziente su cui impiantare una lente di questo tipo, anch’essa non priva di problemi proprio per la presenza di immagini multiple che devono essere selezionate automaticamente dal cervello. Anche qui va inoltre segnalata l’esistenza di una percentuale di pazienti che non tollerano queste lentine e che devono essere rioperati per sostituirle.

Altri studi si indirizzano verso i cristallini “accomodativi” cioè che cercano di riproporre il fisiologico meccanismo dell’accomodazione. Si tratta di lentine particolari che si muovono grazie alla normale contrazione dei muscoli accomodativi e che riescono effettivamente a modificare almeno in parte la messa a fuoco dell’occhio. Con queste lenti i risultati sono incostanti e sicuramente saranno la soluzione migliore per i pazienti operati di cataratta una volta messa a punto la tecnica, proprio perché non essendo multifocali non creano in ogni caso disturbi.

Molto in voga all’estero e poco da noi in Italia è la “monovisione” : si tratta di mettere a fuoco l’occhio dominante per lontano e l’altro per vicino in modo da assicurare una visione a fuoco a tutte le distanze senza necessità di occhiali. Questo si può ottenere: 1) sulla cornea con il laser; 2) con una differenza di potere delle lentine impiantate per cataratta; 3) con sistemi a radiofrequenza che incurvano la cornea; 4) con impianti di lenticoli intracorneali. La soluzione è assai semplice e tutto sommato efficace per un alto numero di pazienti.